il mistero del Lago dei cigni by Erin Kelly

il mistero del Lago dei cigni by Erin Kelly

autore:Erin Kelly [Kelly, Erin]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2022-01-11T23:00:00+00:00


37

Al segnale del telecomando della Force Patrol, l’inferriata si aprì e in mezzo alle file di alberi ingialliti spuntò la distesa di catrame nero di Gabriel’s Hill. Katja stava seduta sul sedile del passeggero accanto a Roman, lontano dal raggio d’azione delle telecamere, pronta a iniziare il giro di vendite a domicilio con indosso la sua divisa da lavoro, una casacca di nylon nera sopra a un paio di pantaloni a pinocchietto. Sul sedile posteriore sbatacchiava un piccolo trolley pieno di boccettine. La ragazza continuava a smanettare al cellulare; Roman sospettava che contenesse le fotografie della sua carta d’identità con il nome di Maxim Shevchenko e il contenuto del suo portafogli: stessa faccia, nomi diversi. Katja aveva tutte le prove che le sarebbero servite per ricattarlo. Quel cellulare era una pistola carica. Sbirciando dallo specchietto retrovisore, Roman era riuscito a vedere il codice di sblocco: 959595. Se avesse potuto, Roman avrebbe preso il cellulare per vedere che prove ci fossero contro di lui, ma Katja non mollava un attimo quel coso.

In cima alla collina, gli disse: «Lasciami qui».

Le rotelline del trolley presero a scorrere sul selciato liscio. Invece di seguirla, per evitare che la telecamera sul tettuccio dell’auto la inquadrasse, Roman proseguì senza togliere lo sguardo dallo specchietto. Il suo piano, se così si poteva definire, prevedeva di assecondarla per un paio di giorni. Katja era sveglia ma sprovveduta. Non parlava benissimo inglese. La sua piccola truffa non sarebbe mai decollata.

Al momento stava davanti alla cancellata di una casa in finto stile Tudor, il dito sul citofono. Con grande sorpresa di Roman, il cancello si aprì per farla passare. Roman fece lentamente tre volte il giro del quartiere, riflettendo su dove avrebbe potuto trovarsi se le cose fossero andate diversamente. Se non avesse acquistato l’identità di Maxim Shevchenko, Katja non lo avrebbe mai trovato. Sebbene l’adagio reciti “beata ignoranza”, prima di trovarlo Katja non si trovava proprio in uno stato di beatitudine, anzi, era molto agitata, a tartassare gente, aspettare e fare domande in giro, il pensiero fisso sulla vita che aveva perso per placare il dolore dell’amore che aveva perso.

Roman la capiva, in un certo senso. Chiunque avesse vissuto la guerra sapeva che il dolore manda fuori di testa, porta ad aggrapparsi disperatamente ai relitti del proprio passato. Al pianterreno del vecchio condominio in cui lui e Veronika vivevano a Donec’k c’era una vedova che tutti chiamavano baba Sofia. Aveva perso l’unico figlio che aveva in un bombardamento, ma continuava a preparargli la tavola ogni sera. Quando la incrociavi al supermercato ti mostrava il cestino pieno di barbabietole e acetosa per preparare il boršc come piaceva a lui: il ragazzo lavorava tanto, quando tornava a casa gli serviva un bel piatto caldo. Roman si era sempre chiesto che cosa facesse baba Sofia una volta rientrata a casa. Iniziava a chiacchierare con un posto a tavola vuoto? Buttava il cibo intonso nella pattumiera? Veronika aveva provato ad aiutarla mostrandole gli articoli di giornale che parlavano della morte del figlio, ma



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